domenica 11 febbraio 2018

ROBERTO CERE' - STORIE IMPOSSIBILI - Stephen Hawking

“Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi.”

Stephen Hawking










" Stephen William Hawking nasce a Oxford l’8 gennaio 1942. “A 300 anni esatti dalla morte di Galileo”, come ama ripetere scherzosamente.

La sua è una famiglia in cui si respira cultura e nella loro città, St Albans, nello Hertfordshire, è considerata un po’ eccentrica.

Il padre è un eminente parassitologo, grande esperto di malattie tropicali, e la madre è ben inserita nell’ambiente letterario inglese, eppure la coppia – con i suoi quattro figli – conduce una vita frugale.

Hanno una grande casa malconcia in cui regna il disordine e viaggiano su un taxi riadattato. Tengono un allevamento di api in cantina e fabbricano fuochi d’artificio nella serra.

Anche quando è ora di mangiare gli Hawking sono piuttosto anticonvenzionali: anziché sedere composti e chiacchierare del più e del meno, ognuno di loro consuma il pasto in silenzio, rapito in qualche lettura.

Stephen è un ragazzo brillante, ma non è affatto uno studente modello. Ha imparato a leggere quando aveva già otto anni e a scuola non fa più del necessario, si limita a rientrare nella media.

“I miei compiti in classe erano estremamente disordinati e la mia grafia faceva disperare gli insegnanti”, ricorda Stephen, “eppure i miei compagni mi chiamavano ‘Einstein’. Forse avevano intuito che avevo qualche dote nascosta”.

***

Ha 13 anni quando viene colpito da una serie di dolorose febbri. I medici, però, dicono che non c’è da preoccuparsi e Stephen è ben felice di lasciarsi quei malanni alle spalle.

Alle superiori e all’Università di Oxford, il ragazzo non si smentisce e continua a essere il brillante sfaticato di sempre. Ha una naturale propensione per le discipline scientifiche, soprattutto per la Fisica teorica, ma trascura sistematicamente questa dote.

Gli interessa molto di più imporsi tra i suoi compagni di corso come canottiere spericolato e sagace attaccabrighe. Più che impressionare i professori, Stephen fa di tutto per colpire i suoi amici.

Quando cominciano a manifestarsi i primi dolori alle mani, il suo pensiero corre alle febbri di qualche anno prima. Gli capita spesso di cadere senza ragione e nota di avere una crescente difficoltà a esprimersi. Le parole gli si annodano in bocca, i suoni si fanno confusi e indistinti.

Sono i primi segni di una malattia di cui prende coscienza solo nel 1963, durante il suo primo anno a Cambridge, dove sta conseguendo un dottorato in Astronomia. Nonostante la svogliatezza negli studi, Stephen ha dalla sua una capacità deduttiva senza precedenti, che gli ha garantito un’invidiabile carriera accademica. Ma è solo quando esce dallo studio del medico che capisce che è ora di fare sul serio.

Gli hanno appena diagnosticato una malattia del motoneurone, una sindrome che aggredisce le cellule cerebrali preposte al controllo della muscolatura volontaria, compromettendo la parola, la camminata, la deglutizione, il respiro e i movimenti in generale. Stando alle analisi, non dovrebbero restargli più di due anni di vita.
 È un ventunenne, ma il tempo non è dalla sua parte. Allora lui decide di piegarlo al suo volere.

***

Di arrendersi non se ne parla. Ci sono troppe cose da studiare, troppi appunti lasciati a metà, troppi libri che ha sfogliato con fare distratto e sui quali comincia finalmente a concentrarsi. Non può fermare il declino del suo corpo, ma può fare il possibile per spremere ogni goccia del poco tempo che gli resta.

Anche quando non riesce più a impugnare una penna, escogita un metodo di visualizzazione delle equazioni che gli permette di risolverle senza ricorrere alla scrittura.

Ormai non riesce a camminare e le sue parole si capiscono a fatica, ma Stephen non vuole essere aiutato né compatito. Ha accettato di malavoglia la carrozzina e adesso che ce l’ha è un pericolo pubblico. Quando anche la parola lo abbandona del tutto, comincia a comunicare con una tavola alfabetica trasparente, attraverso la quale effettua uno spelling indicando le lettere con gli occhi. La tecnologia gli viene incontro e su di lui vengono sperimentati alcuni tra i primi modelli di sintetizzatori vocali – software oggi molto comuni, ma rivoluzionari per l’epoca – che permettono a Stephen di farsi “prestare” la voce da un computer portatile montato sulla sua carrozzina.

I due anni pronosticati dal medico sono passati da un pezzo, ma lui non molla.

Ogni volta che la vita lo colpisce, Stephen risponde adattandosi alla sua nuova condizione. E mantiene costante la sua produzione scientifica, che in pochi anni lo porta alla ribalta internazionale.

La sua carriera è costellata di successi: nel 1974 diventa membro onorario della Royal Society, che negli anni lo fregerà di numerosi riconoscimenti; nel 1979 viene nominato titolare della cattedra più prestigiosa di Cambridge, quella di Matematica, la stessa dalla quale teneva lezione Isaac Newton; nel 1986, nonostante sia fermamente contrario alle teorie creazioniste, viene ammesso nell’esclusiva cerchia della Pontificia Accademia delle Scienze; nel 1988 pubblica il suo best seller più acclamato, Dal Big Bang ai buchi neri, libro che lo incorona come re dei divulgatori scientifici e lo proietta direttamente nell’immaginario popolare.

Stephen, la sua carrozzina e la sua voce robotica diventano un’immagine universale che passa dalla tv al cinema, dai libri di scienza a quelli per ragazzi, dai Simpson a Star Trek

Indipendentemente da quale sia la cornice in cui appare, Stephen Hawking resta sempre sinonimo di determinazione, intelligenza e ironia. Scherza sulla propria condizione, sulla sua turbolenta vita sentimentale e ama mettersi in gioco, per ricordare a chiunque che la disabilità non deve essere vissuta come un limite, ma come un incoraggiamento a superarsi.

Sembra incredibile, ma alcune delle parole di speranza più calorose e sincere mai pronunciate vengono proprio da lui, un ironico uomo di scienza costretto all’immobilità da una malattia degenerativa. “Concentratevi sulle cose che la vostra malattia non intacca e non rimpiangete quelle con cui essa interferisce”, esorta Stephen. “Non siate disabili nello spirito così come lo siete nel corpo”. E ci ricorda che, per quanto la vita possa andarci male, c’è sempre qualcosa che si può fare: “Guardate le stelle invece dei vostri piedi”.

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Ancora oggi, a oltre settant’anni, Stephen è uno degli uomini di scienza più influenti al mondo. È tuttora in prima linea su progetti avveniristici come l’esplorazione spaziale e la ricerca di forme di vita extraterrestre e non ha minimamente perso la curiosità che l’ha sempre animato.

“Abbiamo solo questa vita per apprezzare il grande disegno dell’Universo e, per questo, io sono profondamente grato”.

Stephen ha capito una profonda verità e, per farlo, ha dovuto pagare un caro prezzo. Eppure è lo stesso uomo che, prima di sapere della sua malattia, ha ammesso in più occasioni di non aver mai studiato per più di un’ora al giorno. “Non lo dico per vantarmi, ma solo per descrivervi l’atteggiamento che allora condividevo con gran parte dei miei compagni di corso: una noia profonda, accompagnata alla sensazione che niente valesse la pena”.

Ma le parole dei medici sono state la sveglia definitiva. “Davanti alla possibilità di una morte prematura, capisci che la vita va vissuta e che ci sono un sacco di cose che vuoi fare”. Perché ci sono momenti in cui devi scrollarti di dosso quella coltre di negatività e andare al sodo, senza lasciare che gli altri decidano il valore del tuo tempo. "






#sevuoipuoi

Persona di intelligenza straordinaria, pare che Hawking abbia un quoziente intellettivo compreso tra 160 e 165 punti, comparabile quindi a quello di un suo illustre predecessore: Albert Einstein. La leggenda vuole che, da giovane, sfiorasse addirittura la soglia dei 200. Ma davanti a questi numeri da urlo, Hawking si schermisce e non conferma. Per lui, vantarsi del proprio QI è una cosa da perdenti.

Che bisogno c’è di sbandierare dati quando il tuo lavoro, le tue opere e le tue scoperte sono la più affidabile dimostrazione della tua intelligenza?

Ma al di là della sua solita ironia, a colpire è la ragione per qui Hawking non dà troppo peso a quel dato. Secondo il fisico, infatti, l’intelligenza non è una dote misurabile con i test, ma qualcosa che si dimostra nel mondo, nella vita di ogni giorno, accogliendo le metamorfosi del nostro tempo e – nei casi più drammatici – quelle che la salute infligge al nostro corpo.

“L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento”, dice Hawking e la sua esistenza, tortuosa ma piena di successi, è qui a dimostrarlo.

 Ringrazio l'autore Roberto Cerè di Storie Impossibili e l'editore Mind Edizioni, per aver concesso la pubblicazione di questo estratto e dell'immagine del protagonista della storia.  Se vuoi puoi acquistare il libro da questo link:
 https://www.amazon.it/Storie-impossibili-Roberto-Cer%C3%A8/dp/8869390608/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1518375756&sr=8-1&keywords=storie+impossibili
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